I metatarsi sono le ossa lunghe del piede che con le loro teste si articolano con le falangi delle dita. Normalmente a questo livello si forma l’arco trasversale del piede con il carico che si distribuisce principalmente sulle teste del primo e del quinto. Su questa porzione di piede avviene peraltro la fase di spinta durante il passo (anche di corsa).
Alterazione anatomica frequente di questo comparto è l’abbassamento della parte centrale con conseguente avvicinamento delle teste metatarsali fra di loro e compressione dei nervi interdigitali. Questi sono terminazioni sensitive e non motorie per cui viene alterata la propriocettività del piede senza perderne l’effettiva motricità; ma con la cronicizzazione della situazione è il dolore a rendere impossibile camminare. Con il passare del tempo, il nervo sottoposto a continua pressione risponde con un ingrossamento che di fatto determina ulteriore compressione dovuta all’aumentato volume nello spazio.
E’ questo tessuto ipertrofico che prende il nome di “neuroma” o “neurinoma” .
Fig.1 Localizzazione del dolore conseguente al Neurinoma di Morton (medico che l’ha studiato per primo)
L’approccio fisioterapico prima di tutto coadiuva gli antinfiammatori nella remissione dei sintomi. Laserterpia e ultrasuoni sembrano essere le scelte più idonee. Mobilizzazioni, massaggio della fascia plantare ed esercizi attivi atti a ricostruire l’arco plantare anteriore sono invece indispensabili per agire all’origine della sindrome. In alcuni casi si ricorre inoltre a plantari rigorosamente su misura.
Dovrebbe completare la terapia un ciclo di ginnastica posturale e lo studio delle scarpe maggiormente usate nel periodo di esordio della sintomatologia (discorso valido in particolar modo per gli sportivi). Da evitare assolutamente scarpe troppo strette o anche solo con tomaia troppo rigida all’altezza delle teste metatarsali.
Raramente si arriva all’intervento chirurgico che prevede la resezione del nervo. La scomparsa della sintomatologia dolorosa è pressoché immediata, e il ritorno alle attività quotidiane e sportive abbastanza celere (un mese). Si tratta comunque di un intervento chirurgico al quale è preferibile non arrivare, tentando in prima battuta i trattamenti conservativi che hanno molta probabilità di successo soprattutto se approcciati nelle fasi iniziali.
Tiziana Bini, Dott.ssa in Fisioterapia