In uno studio fisioterapico il lavoro di squadra non sempre avviene automaticamente invece è auspicabile innanzitutto per una presa in carico totale delle problematiche del paziente ma, anche e soprattutto per consentire e facilitare l’interazione tra le varie figure professionali coinvolte nella gestione del paziente stesso.
Alcuni mesi fa il signor V. di 62 anni è venuto presso il centro Fisioeuropa per una problematica alla schiena. Tale situazione minava la sua vita giornaliera impedendo qualsiasi attività a partire dalla semplice camminata per strada che diventerà il cardine su cui basare il nostro recupero.
V. presentava difficoltà nel fare più di 100 metri a piedi senza sentire dolore. Questa situazione dava al paziente la sensazione di intrappolamento tanto da portarlo a conviverci aiutandosi con farmaci e terapie fisiche come tecar e laser. La situazione però non si risolveva e lui ne attribuiva erroneamente la responsabilità solo al suo stile di vita non corretto e all’avanzare del tempo.
Il primo giorno di terapia ci siamo concentrati sull’anamnesi, sull’esame obiettivo e sugli esami strumentali che aveva portato in visione. V. riferisce una dolenzia importante nella zona lombare dx che si accentua in modo esponenziale al tatto e una difficoltà di movimento di quel tratto. Il referto della
risonanza magnetica presentava delle protrusioni discali mediane e paramediane posteriori a livello di L2, L3, L4, L5 con segni di compressione estrinseca del sacco durale e inoltre manifestava una modica riduzione del canale vertebrale tra il tratto L3 ed L5. All’osservazione, appare una limitazione articolare nei gesti più semplici, come togliersi le scarpe o raggiungere la posizione eretta dopo essersi flesso in
avanti. Il dolore risultava costante e diffuso nella zona esaminata tanto da falsarne i gesti richiesti. Ad esempio, nei test di inclinazione laterale, il movimento a sx risultava difficoltoso e limitato.
Nel raccontare il suo iter V. precisa che non riesce più a praticare sport, sua grande passione e che questa situazione va avanti da molto tempo, con alti e bassi, fino a cronicizzare in una confort zone limitata dove lui si muove. Inoltre V. riferisce di essere stato sottoposto ad intervento chirurgico di LCA al ginocchio sx , e che questo ha contribuito alla destabilizzazione generale della sua postura. Da quel
momento infatti la muscolatura della gamba sx non ha più avuto una resa al 100% e di conseguenza il ginocchio sx denota un atteggiamento in flessione.
Osservando V. mi rendo conto che la sua postura è alterata e lontana dai canoni di correttezza perché il bacino è ruotato e inclinato a dx.
Ho testato e valutato al tatto la muscolatura che evidenzia una rigidità di tutta la catena dei muscoli paravertebrali e dei muscoli psoas, (importanti per la loro azione sul rachide lombare), del tensore fascia lata (muscolo laterale della coscia), del quadrato dei lombi e del diaframma (che con i suoi collegamenti alle strutture, irrigidendosi, crea degli scompensi alla postura sia al bacino e sia all’arto inferiore).
Inizio il mio trattamento con un massaggio profondo dei tessuti, facendo una “pulizia” muscolare, per detendere e rilassare tutti quei distretti interessati e poiché V. è molto rigido ciò non risulta subito facile quindi ricorro anche alle tecniche di energia muscolare (M.E.T.) che si rivelano efficaci in caso di articolazioni ipomobili, di squilibri posturali e di disturbi a carico del tessuto muscolare. Il paziente diventa così parte attiva del trattamento che risulta ben tollerato e senza controindicazioni
e la sua collaborazione rende più semplice le contrazioni muscolari volontarie guidate dal terapista.
Sono state effettuate così 4 sedute fisioterapiche che hanno rivelato un miglioramento in generale ma soprattutto una diminuzione del dolore che rimane localizzato solo a livello di L3 della zona destra. A questo punto ho un’idea d’insieme più chiara e prima di fargli effettuare sedute di ginnastica posturale con la mia collega, Dott.ssa Manuela Frezza, suggerisco l’intervento del mio collega osteopata (Dott. Emanuele Di Segni) per avere un ulteriore riscontro e poter approcciare con un’altra visione quel tipo di dolore localizzato che permane e per capire se ci sono in causa problematiche viscerali o strutturali da poter trattare con tecniche diverse come quelle osteopatiche.
Flavio Canavacci, Dott. in Fisioterapia