Traduciamo un interessante lavoro di Nicolas Germanos, Neurobiolgo americano, sugli effetti della disidratazione sulle capacità cognitive di alcuni atleti. Lo studio si riferisce in particolare agli sport da combattimento ma si evidenzia anche come i risultati dello studio siano estendibili a qualsiasi attività sportiva a tutta la popolazione in generale. Del resto avevamo già noi affrontato l’argomento per quanto riguarda i podosti nell’articolo: https://www.eurfisioterapia.it/runnerclinic/idratazione-e-nutrizione-prima-durante-e-dopo-la-corsa/
Gli sportivi oggi fanno tutto ciò che è in loro potere per migliorare le loro prestazioni. Seguono regimi di allenamento intensi, diete rigorose e cercano sempre un modo per avere vantaggio sull’avversario, anche a costo della propria salute. Negli sport da combattimento come il wrestling, il pugilato e le arti marziali miste, i concorrenti sono organizzati in classi di peso e sanno bene il ruolo dell’acqua nella rapida perdita di peso consentita per la loro categoria. C’è una forte motivazione per i combattenti ad affrontare avversari di dimensioni più piccole, e quindi cercano di diventare ufficialmente il più leggeri possibile. Nel corso degli anni, questa procedura è stata spinta all’estremo: è ormai pratica comune per gli atleti di disidratarsi gravemente prima di pesarsi, perdendo fino al 15% del loro peso corporeo in acqua. Alcuni dei rischi legati alla perdita repentina del peso, come il sovraccarico che comporta ai reni, sono ben documentati e hanno ricevuto un’attenzione diffusa da parte dei media. Daniel Cormier, capitano della squadra di wrestling degli Stati Uniti alle Olimpiadi del 2008, è stato costretto a ritirarsi dalla competizione a causa di problemi ai reni poche ore dopo essersi pesato. Meno noti ma più intriganti sono gli effetti a breve e lungo termine della grave disidratazione nel cervello umano. Studi recenti hanno collegato la disidratazione a una vasta gamma di degenerazioni. Alcuni di essi, come un maggiore rischio di commozione cerebrale e ridotta tolleranza al dolore, sono particolarmente importanti per gli sportivi. Altri sintomi, come l’accumulo di metaboliti legati a malattie neurodegenerative e una minore efficienza cognitiva, si trovano in tutti i soggetti che soffrono di disidratazione. Alla luce di questi pericoli, è imperativo che le organizzazioni sportive di sport da combattimento stabiliscano norme per impedire ai praticanti di subire una disidratazione così grave immediatamente prima dei loro incontri.
Il rischio di trauma cranico sembra inevitabile per coloro che praticano sport da combattimento come pugilato, kickboxing e arti marziali miste. Uno studio del 2016 sugli esami post-combattimento a Edmonton, in Canada, tra il 2000 e il 2013 ha concluso che il 10% di tutti i pugili e l’8% di tutti i praticanti arti marziali hanno subito una commozione cerebrale durante le loro sfide. Un altro studio dello stesso anno ha rilevato che in oltre il 30% di questi atleti coreani in visita medica è stata diagnosticata una commozione cerebrale. Sfortunatamente, una quantità crescente di prove collega intensa disidratazione a maggiori possibilità di commozione cerebrale. Diversi studi hanno collegato la perdita di acqua nel cervello ad un aumento del volume di liquido cerebrospinale (CSF). Il CSF è un fluido che circonda il cervello nel cranio. Agisce come un “cuscino” per il cervello durante gli shock, smorzando il suo spostamento nella cavità cranica, come un freno idraulico. Gli autori di questi studi suggeriscono che maggiori volumi di CSF aumenterebbero la distanza percorsa dal cervello quando si verificano colpi alla testa. Sebbene non sia stato ancora dimostrato, questo aumento del volume del liquido cerebrospinale (CSF) intensificherebbe la forza esercitata sul cervello, aumentando il rischio di commozione cerebrale. Il CSF è anche presente nei ventricoli, una rete di cavità localizzate all’interno del cervello. Mentre una lieve disidratazione porta ad una diminuzione del volume ventricolare, una grave disidratazione provoca un aumento del volume ventricolare. Mentre i ventricoli si gonfiano, applicano una maggiore pressione alle cellule che rivestono gli strati esterni del cervello. Danni a quelle cellule possono causare emorragia subdurale o sanguinamento tra la superficie del cervello e il suo strato protettivo più esterno, che appare più probabile quando si verificano ingrandimenti dei ventricoli. Questi sintomi sono estremamente importanti negli sport da combattimento; la pratica della disidratazione per perdere peso aumenta il già alto rischio di trauma cerebrale.
L’aumentato rischio di commozione cerebrale non è l’unico inconveniente degli attuali metodi di riduzione del peso. Uno studio del 2014 ha rilevato che la disidratazione potrebbe essere legata a una ridotta tolleranza al dolore. Nello specifico, i soggetti disidratati hanno mostrato risposte più forti agli stimoli dolorosi nelle aree del cervello coinvolte nell’elaborazione del dolore, come il talamo e la corteccia medio-frontale, rispetto ai soggetti idratati. Anche uno studio del 2016 ha scoperto che i soggetti disidratati avevano tolleranze al dolore più basse. Questo forse perché la disidratazione aumenta i livelli cerebrali di cortisolo, che è direttamente coinvolto nella sensibilità al dolore. La competizione negli sport da combattimento è usurante sia fisicamente che mentalmente. Molti atleti attribuiscono le loro vittorie non solo alle loro capacità tecniche ma anche al loro “cuore” e alla capacità di spingersi nonostante gli ostacoli. Una ridotta tolleranza al dolore ha il potere di inibire le capacità difensive degli atleti e la resistenza mentale e danneggiando per le loro prestazioni. La disidratazione è stata anche collegata a rischi per la salute che sono rilevanti non solo per gli atleti professionisti di sport da combattimento, ma anche per la popolazione generale. Uno studio del 2016 ha concluso che la buona abitudine di assumere sufficiente quantità di acqua era essenziale per liberare il corpo dalla formaldeide, un prodotto dell’attività metabolica cerebrale. Diversi studi hanno collegato l’accumulo di formaldeide a malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Un’idratazione insufficiente può quindi aumentare il rischio di soffrire di una malattia neurodegenerativa. Inoltre, la disidratazione è stata collegata a una diminuzione dell’efficienza metabolica cerebrale. Uno studio del 2011 ha rilevato che gli adolescenti disidratati mostravano un aumento della risposta frontoparietale dipendente dal livello di ossigeno nel sangue (BOLD) mentre svolgevano compiti di risoluzione dei problemi, sebbene le loro prestazioni non migliorassero. La risposta BOLD funge da misura dell’attività neuronale e lo studio ha quindi concluso che i soggetti disidratati richiedevano un’attività più elevata rispetto ai loro compagni più idratati per raggiungere un livello uguale. Questa maggiore attività cerebrale è più impegnativa e potrebbe non essere sostenibile a lungo termine. Infatti, uno studio del 2005 ha rilevato che i a scuola bambini “disidratati” si comportavano bene anche nei compiti cognitivi come gli altri bambini all’inizio della giornata, ma si comportavano male più tardi nel corso della giornata. Questo sforzo maggiore e il maggior rischio di malattie neurodegenerative sono importanti da considerare, non solo per gli atleti da combattimento, ma anche per la popolazione generale.
Sebbene la disidratazione sia principalmente evitata per i suoi legami con ipertensione e insufficienza renale, è stato anche dimostrato che ha una serie di effetti dannosi sul cervello. Alcuni di questi effetti sono particolarmente importanti per il combattimento degli atleti, in quanto i combattenti disidratati hanno aumentato le probabilità di commozione cerebrale e una minore tolleranza al dolore. Altri sintomi di privazione cronica dell’acqua, come la diminuzione dell’efficienza cognitiva e l’accumulo di particelle legate a malattie neurodegenerative, colpiscono tutti coloro che soffrono di disidratazione, di cui i professionisti degli sport da combattimento costituiscono una parte importante. Questi risultati sono argomenti importanti per porre fine alla pratica della deplezione di acqua per ridurre il peso. Alcune organizzazioni, di promozione allo sport, hanno già stabilito norme volte a impedire che i loro atleti adotttino un’estrema privazione dell’acqua. Questi regolamenti includono controlli del peso casuali e check-in giornalieri nella settimana che portano a un incontro ufficiale per assicurarsi che un combattente sia adeguatamente idratato. Purtroppo, la ONE FC di Singaore ha adottato questi regolamenti solo dopo la morte di uno dei suoi atleti, Yan Jian Bing, che è morto per un’insufficienza cardiopolmonare a seguito di una perdita di peso estremamente importante. È nell’interesse degli atleti e dei promotori di tutti gli sport da combattimento applicare rigorose procedure anti-disidratazione prima che altri atleti soffrano delle conseguenze a breve e a lungo termine.
“Come la disidratazione colpisce il cervello” Autore: Nicolas Germanos, Neurobiologo Università di Washington
Aggiungiamo dal canto nostro come un mancato rendimento cognitivo possa rendere difficile qualsiasi gesto atletico, soprattutto laddove necessaria la coordinazione e di fatto rendere più soggetti a infortuni. Necessario quini anche bere adeguatamente per limitare la necessità del fisioterapista!