L’eccessivo carico di allenamento sia in termini di intensità che di numero di sessioni settimanali può determinare uno stato di fatica acuta o cronica che cade sotto il termine “sovrallenamento”. Il termine definisce un quadro clinico sia fisico che psicologico ben identificato da precisi sintomi. L’allenamento che per poter essere efficace deve giustamente essere progressivamente più impegnativo al fine di far adattare l’atleta a prestazioni sempre migliori. D’altra parte, non deve superare il margine del recupero dopo lo sforzo se non si vuole mettere l’atleta in situazione di disagio fisico.
I primi sintomi spesso misconosciuti sono:
- la facile affaticabilità;
- la diminuita voglia di allenarsi e di competere;
- la perdita di peso;
- la difficoltà a prendere sonno nonostante la maggiore stanchezza percepita;
- diminuzione dell’appetito
- dolorabilità articolare e muscolare, con maggior incidenza di infortuni e interventi del fisioterapista.
Clinicamente si riscontra:
- aumento della Frequenza Cardiaca a riposo;
- aumento della Pressione Arteriosa e del rapporto tra massima e minima;
- difficoltà e aumentati tempi di recupero;
- perdita di peso corporeo;
- alterazioni nel tracciato dell’ElettroCardioGramma a riposo.
Le analisi del sangue evidenziano:
- variazioni nell’ematocrito;
- variazioni del valore dell’emoglobina;
- aumento del livello di cortisolo, diminuzione del livello di testosterone e conseguente modificazione del rapporto tra i due valori;
- variazioni del valore di ferritina;
- alterata VES (Velocità di EritroSedimentazione)
- contenuto in CK (il valore è significativo di un danno “da consumo” delle fibre muscolari).
La facile affaticabilità cui gli atleti sovrallenati sono soggetti predispone ad infortuni più frequenti rispetto a quelli che seguono programmi di lavoro più congrui alle loro caratteristiche fisiche. Gli effetti più pericolosi si hanno invece sul sistema cardiocircolatorio. L’allenamento provoca infatti delle modificazioni che non devono essere portate all’eccesso.
Un allenamento di resistenza provoca: bradicardia sia a riposo che durante lo sforzo, un aumento del calibro dei vasi e soprattutto il cuore di atleta, caratterizzato da un’ipertrofia detta eccentrica, ossia dove si osserva un aumento del volume cavitario. Si osserva inoltre un fenomeno di capillarizzazione dei muscoli, soprattutto nelle fibre di tipo I e II.
Gli esercizi per allenare la potenza, tipo gli esercizi statici, determinano un aumento della Pressione Arteriosa e un aumento dello spessore delle pareti del cuore (ipertrofia concentrica).
Tiziana Bini, Dott.ssa in Fisioterapia